La città dei dervisci Recita un antico proverbio turco: Vedi
il mondo Konya,
città di cupole e minareti, è situata al centro della
penisola anatolica, nella regione della Galazia, su un altopiano stepposo
posto a circa 1000 metri d'altezza.
Abitata sin dal III millennio a.C., da sempre ha esercitato un fascino
particolare, capace di attirare ed incantare generazioni di viaggiatori.
Ribattezzata dai Romani con il nome di Iconium, si convertì ben
presto al Cristianesimo, grazie alla predicazione di San Paolo e San
Barnaba. Nei primi secoli dopo Cristo essa raggiunse una discreta
prosperità ed un notevole sviluppo culturale, ma anche sotto il dominio
bizantino non arrivò mai a quel grado di splendore che avrebbe toccato
dopo la conquista da parte dei Turchi Selgiuchidi, che la resero,
nel 1097, capitale del loro regno. Nel 1190 gli attacchi degli eserciti
crociati non riuscirono ad espugnare la città, che restò miracolosamente
inviolata resistendo in modo memorabile al feroce assedio scatenato
dall'imperatore Federico Barbarossa. Nel XIII secolo Konya visse il suo
periodo aureo sotto il regno del sultano Alaeddin Keykobat (1219-1236),
che dotò il complesso urbano di una robusta cinta muraria provvista di
più di 100 torri difensive. Sulla collina posta al centro della capitale
egli fece erigere il suo sontuoso palazzo, di cui restano
oggi solo il portale in marmo e alcuni resti dei muri perimetrali. Più
significativa è l'adiacente moschea Alaeddin Camii, iniziata dal
sultano Mesud I (1116-1156) e terminata da Alaeddin nel 1226. Al
suo interno il sultano fece costruire un mausoleo (türbe) in
pietra scolpita a pianta dodecagonale, per custodirvi le salme dei
propri antenati. Oh
colui che cerca, ammetta con fede il mio consiglio Sulla cupola del mausoleo appaiono due versi in persiano che recitano E'
qui il tempio degli innamorati di Dio Una finestra attigua riporta invece la seguente quartina di Mavlana Oh
tu che spargi la luce della dignità e della generosità Il monastero, detto anche la "Mecca degli innamorati", è ancora oggi visitato da migliaia di persone. L'ordine dei Dervisci, al pari di tutti gli altri, venne infatti sciolto nel 1925 dal Presidente turco Atatürk, e il monastero di Mevlana fu trasformato in museo. Quindi, non esistendo più l'ordine come tale, il complesso rituale dei dervisci è stato attualmente ridotto a un semplice spettacolo folkloristico e culturale durante il quale i ballerini (semazen), vestiti nei tipici abiti (mantello di lana e cappello a tronco di cono), eseguono, sotto la direzione di un maestro (sey), la loro roteante danza rituale (sema) accompagnata dal suono di flauti (ney), tamburi (tef) e violini (rebab). Dal 1982 la cerimonia è stata aperta anche alle donne. Alla
morte di Alaeddin Keykobat, purtroppo, Konya attraversò un periodo di decadenza,
culminato nella distruzione della città da parte dei Mongoli. Di quel
periodo restano ancora insigni monumenti, come l'Ince Minare Medresesi,
scuola di teologia costruita tra il 1265 e il 1269 dal visir Fahrettin
e decorata in stile "barocco" con versetti del Corano
intrecciati a complessi motivi floreali. Alla caduta del regno selgiuchide,
il potere passò, nel 1327, in mano ai Signori di Karaman, ai quali
subentrarono, nel 1466, i Turchi Ottomani, cui si deve la
costruzione della moschea Selimiye Camii. La città rimase
assoggettata all'impero ottomano per oltre quattro secoli finchè,
all'inizio del XX secolo, dopo la prima guerra mondiale, non entrò a far
parte del moderno Stato turco. Il poeta danzante Il grande poeta e mistico sufi musulmano Jalal'd-din Rumi, detto Mevlana, era nato nel 1207 a Balkh, città del Khorasan, nel territorio dell'odierno Afganistan. La madre di Mevlana, Mümine Hatun, era figlia dell'emiro di Balkh. Il padre, Bhaeddin Veled, era invece figlio di Hüseyin Hatibi, uomo di scienza appartenente alla famiglia Hatibogullan, molto nota nel paese. Con l'appellativo di Sultan'ül-Ulema ("Sultano dei saggi"), Veled godeva di grande popolarità, per la sua vasta cultura e grazie alle prediche che egli pronunciava nelle moschee e nelle madrase (scuole teologiche) della città. Come rivelano alcune fonti storiche, molti dei suoi oppositori e detrattori scrissero al Governatore di Balkh accusandolo di voler "conquistare completamente i cuori della gente, senza tenere in dovuto rispetto alcuno". Ma egli rispose al governatore con il seguente messaggio: "Esprimo il mio profondo rispetto al sultano dei musulmani, cui si addicono tesori e troni. Ma per noi dervisci il territorio ed il potere non hanno nessuna importanza ... noi andremo dal di qua con cuore sereno, lasciando il sultano a tu per tu con i suoi amici" In quel periodo l'esercito mongolo aveva varcato i confini del Khorasan, facendo piazza pulita e saccheggiando città e campagne. Inorriditi da tali atrocità gli abitanti di questa terra iniziarono ad emigrare verso ovest, in direzione della Persia e dell'Anatolia. Prendendo pretesto da tali avvenimenti Bhaeddin Veled decise, con la sua famiglia, di abbandonare definitivamente Balkh. Fu così che il giovane Jalal'd-din, ancora adolescente, dovette lasciare il paese, iniziando un lungo viaggio. Una serie di peregrinazioni lo avrebbe portarono in varie città della Persia e della Siria, dove egli sarebbe entrato in contatto con il Sufismo e lo Sciamanesimo, e avrebbe conosciuto il misticismo orientale, musulmano e cristiano. La prima tappa del pellegrinaggio fu Nisabur, ove incontrò Ferideddin Attar, famoso filosofo e mistico dell'epoca. Il giovane Mevlana destò una sincera ammirazione in Attar, che stimava la sua profonda erudizione ed intelligenza. In seguito la famiglia si diresse verso Bagdad. Qui il Califfo di Bagdad, impressionato dai saggi discorsi di Sultan'ül-Ulema, volle personalmente incontrare il padre di Mevlana. Ma Egli non rimase per molto tempo a Bagdad, preferendo proseguire verso la Mecca e Medina. Dopo aver visitato questi sacri luoghi la famiglia proseguì verso Gerusalemme per poi raggiungere Damasco. Dopo una breve sosta essa si diresse verso l'Anatolia, al confine con lo stato selgiuchide. Qui, nel 1221, il gruppo si fermò a Larende (l'attuale Karaman), Negli anni successivi Jalal'd-din crebbe in erudizione, seguendo le lezioni del padre e continuando a studiare assiduamente. Nel 1225 si sposò, a Larende, con Gevher Hatun, figlia di Seraffedin Lala, uno dei discepoli di Bhaeddin Veled che l'aveva accompagnato dalla sua partenza da Balkh. Poco dopo il matrimonio la madre ed il fratello maggiore di Mevlana morirono, mentre nacquero i suoi due primi figli, Sultan Veled e Alaeddin Celebi. La maggior parte del territorio anatolico si trovava sotto il dominio selgiuchide che, in quell'epoca, aveva raggiunto la massima espansione. Nel 1219 Alaeddin Keykobat, successore del sultano Izzettin Keykobat, era un sovrano molto stimato, perchè dotato di saggezza e di una profonda conoscenza dei problemi religiosa del tempo, oltre che di un interesse per le arti e la cultura. Konya, capitale del regno selgiuchide di Rum (da cui il nome Rumi, assegnato in seguito a Jalal'd-din), fu pertanto abbellita e impreziosita da numerose opere artistiche e da rinomate istituzioni educative. La corte selgiuchide e le madrase divennero i punti di riferimento per numerosi studiosi del tempo. Gli insegnamenti mistici si diffusero rapidamente e tale propensione indusse parecchi sultani, visir ed emiri a favorire e promuovere l'approfondimento di tali dottrine. Noti filosofi come Necmeddin Daye, Muhyiddin Arabi, Sadreddin Konevi fecero di Konya la capitale della scienza, della sapienza e della cultura. Il sultano Alaeddin Keykobat, non appena seppe del soggiorno di Bhaeddin Veled a Larende lo invitò subito a Konya. Nella primavera del 1228 la famiglia di Jalal'd-din giunse nella città, dove venne accolta dal sultano e alloggiata nella madrasa di Altun-Aba, la più grande della città. Il padre di Mevlana tenne prediche ed insegnò a Konya fino al 1231, anno in cui morì. Dopo la morto del padre Jalal'd-din ereditò il gruppo di discepoli e gli allievi di Sultan'ül-Ulema, che considerò sempre il figlio come suo unico erede in campo spirituale. Nei tristi giorni che seguirono la perdita del padre Jalal'd-din conobbe Seyyid Burhaneddin di Tirmiz, vecchio discepolo di Bhaeddin Veled a Balkh, che ora viveva ritirato in montagna. Mevlana, dopo aver ricevuto importanti insegnamenti da Seyyid, partì per Aleppo e Damasco, dove rimase due anni facendo conoscenza con noti filosofi dell'epoca. Quando tornò a Konya il suo maestro Seyyid gli disse Figlio
mio, sei ormai maturo. Adesso sei un maestro incomparabile nel campo delle
scienze razionali e naturali. Vai, quindi, ad inondare di luce l'anima degli
esseri umani per una vita nuova, dai una grazia infinita e fai
rinascere i morti con i tuoi ideali ed il tuo amore Qualche anno dopo, in seguito alla morte di Sayyid, Mevlana rimase di nuovo solo. Non smise però di allargare il suo orizzonte spirituale, dedicandosi agli studi per acquisire maggiori conoscenze in materia teologica. Si dedicò anche allo studio della letteratura persiana, indiana, araba e imparò il greco per capire meglio le opere dei filosofi greci classici. Approfondì varie dottrine mistiche. A Konya formò un importante circolo di eruditi, verso i quali la corte del sultano si dimostrò sempre accogliente e rispettosa. In questo periodo della sua vita Mevlana assunse le vesti di maestro religioso che dava lezioni nelle madrase, quelle di predicatore che offriva consigli alla gente nelle moschee e addirittura quelle di dottore della legge (müftü). Le sue prediche furono successivamente raccolte in un volume intitolato Mecalis-i Seba, in cui i commenti e le visioni mistiche venivano espressi in forma narrativa e poetica. Questo stile preparò il terreno alla redazione della sua futura opera più significativa, il Mesnevi, che scrisse in uno stato di estasi mistica. In questo periodo morì la moglie, Gevher Hatun. Egli si risposò in seconde nozze con Kerra Hatun, che gli darà altri due figli: una femmina, Melike, e un maschio, Muzafferüddin Emir Alim Celebi. Col passare del tempo, tuttavia, egli si incupì, rinchiudendosi sempre più in se stesso. Ma il 25 novembre 1244, mentre tornava a casa dalla madrasa, qualcuno lo fermò improvvisamente in mezzo alla strada. Questi era un derviscio sconosciuto che gli pose alcune domande strane. Le risposte di Mevlana, brevi e precise, entusiasmarono il derviscio, proiettandolo in uno stato di estasi. Jalal'd-din discese dal suo mulo, abbracciò il derviscio e lo portò a casa sua. Da quel giorno egli si sentì liberato e "la sua porta si smaltò con la chiave dell'amore". Fu così che egli conobbe il derviscio Muhammed Samseddin (o Shems'd-din) di Tabriz, detto dai suoi seguaci "Sole della Fede", con il quale instaurò un intimo connubio spirituale. Il luogo in cui i due mistici si trovarono è oggi noto come Marc'al-Bahreyn, ossia "luogo d'incontro tra due oceani". L'incontro con Samseddin, infatti, creò un profondo turbamento e determinò un decisivo mutamento nell'esistenza di Jalal'd-din. Quest'uomo, colto ed erudito, non tarderà a precipitarlo nell'oceano dell'amore, esaltando la sua sapienza mistica. Dalla comunione delle loro anime nacquero i più bei versi di Mevlana, attraverso i quali egli predicava l'unione mistica di tutte le fedi, unione che doveva essere al contempo fisica e spirituale. Su questi presupposti, nonostante l'opposizione dell'ortodossia islamica, egli volle dar vita ad un particolare Ordine sufi, i Mevlevi o Dervisci danzanti, che vedevano nella simbolica danza circolare (detta sema) e nella musica che l'accompagnava la via privilegiata per quell'estasi cui Mevlana stesso alludeva quando scrisse: Specchio
sono io, specchio sono io Secondo fonti mevlevi Muhammed Samseddin (o Sams) era stato discepolo, fin dalla tenera età, di Ebubekir Selebaf, per poi entrare come novizio in vari ordini monastici del tempo, Nessuno di questi, tuttavia, aveva saputo soddisfare la sua sete di spiritualità. Pertanto Sams, dopo aver vagabondato di paese in paese, era giunto finalmente a Konya dove, dopo aver ascoltato le risposte di Jalal'd-din, si era reso conto di aver trovato la perfetta intesa mistica che cercava. Jalal'd-din, dal canto suo, aveva visto in lui "l'assoluta perfezione e il bagliore della luce divina". Tuttavia l'improvviso ritiro dalla società di un uomo impegnato come Mevlana, le cui lezioni e preghiere erano molto apprezzate e le cui concezioni spirituali erano state accolte con fervore dal popolo, causò grande stupore e sconcerto tra i suoi amici e conoscenti, una delusione che presto si mutò in rabbia e ostilità verso Sams, incolpato per questo repentino cambiamento del maestro. La gente si lamentava dicendo: Chi
è questo Sams che separa la guida dai suoi discepoli ? Come si permette di
allontanarlo dai suoi libri e dall'insegnamento che egli impartiva ? Sarà
forse opera di una magia o stregoneria ? Non doveva privare tutto il popolo
di un suo predicatore ... Ad un
certo punto i fatti presero una cattiva piega e Sams scomparve
improvvisamente nel febbraio del 1246. Questa sparizione rimase un
segreto, come il suo incredibile arrivo a Konya ... O tu che cerchi, vedere lui è sinonimo di vedere me, io sono lui ... Così,
avvolgendo la testa in un turbante grigio e vestendosi con una giubba,
continuò ad abbandonarsi all'amore divino e alla "sema" (danza
mevlevi), consumando l'esistenza in estasi. Ma un'altra luce non tarderà ad
alzarsi sull'orizzonte della sua vita: essa si chiamava Selahaddin-i Zerküb. Egli è lo sceicco degli sceicchi, il polo del tempo, la luce di Dio tra gli uomini Mevlana
sposò il suo primogenito, Sultan Veled, con Fatma Hatun, figlia di Selahaddin,
al fine di rinsaldare e perpetuare la loro amicizia. Egli, che prima firmava
le sue poesie con lo pseudonimo di "Samseddin" da allora in poi
scelse quello di "Seyh Selahaddin", per evidenziare il profondo
legame che li univa. Selahaddin, dopo essere stato per ben dieci anni un fedele
compagno spirituale di Mevlana, morì nell'autunno del 1258 e venne seppellito
accanto alla tomba di Sultan'ül-Ulema.
Dopo la morte dello sceicco, Jalal'd-din era destinato ad incontrare un'altro
spirito illuminato, Celebi Hüsameddin. Costui apparteneva ad una
famiglia di ricchi mercanti di Bagdad emigrati nel XII secolo d.C. verso
l'Anatolia. Rimasto orfano in tenera età egli aveva frequentato assiduamente
i corsi tenuti da Mevlana nella madrasa di Konya, partecipando alle
esercitazioni di "sema". Divenuto adulto era entrato a far parte dei
Mevlevi, fino a divenire, dopo la morte di Selahaddin, amico intimo del
maestro. Nell'ordine mevlevi egli maturò e perfezionò la sua conoscenza
spirituale e fu promosso "prezioso guardiano della conoscenza
segreta". Considerato da Mevlana come "luce della verità e
anima illuminata", Hüsameddin restò accanto a lui come fedele
consigliere per oltre dieci anni. Jalal'd-din gli era così affezionato che
non poteva assolutamente viaggiare senza di lui. Nell'inverno del 1273 Jalal'd-din, indebolito dalla vecchiaia e dalle fatiche per i lunghi periodi di digiuno, si avviò verso la fine della sua esperienza terrena. Dopo aver sofferto per 40 giorni, nell'ultima notte della sua vita dettò la seguente poesia a Sultan Veled, che non si era mai allontanato dal capezzale paterno Va
e poggia la testa sul guanciale L'indomani,
domenica 17 dicembre 1273 (anno 672 dell'egira), mentre il sole tramontava, un
altro sole si alzava dal mondo dei mortali per prendere il volo verso il mondo
dello spirito e dell'eternità ... Dopo
la morte non cercate la nostra tomba sulla terra Dopo
la morte di Mevlana, a capo dell'ordine mevlevi gli successe lo stesso
Hüsameddin Celebi, suo miglior novizio e consigliere. Quando morì,
nel 1284, fu sostituito da Sultan Veled, figlio del maestro, il quale attuò le
riforme già iniziate dal padre e fondò il mausoleo che accoglie le
spoglie dei capi mevlevi, rendendolo un'importante centro spirituale ed
artistico. Dopo il suo decesso, avvenuto nel 1312, il figlio Ulu Arif Celebi prese il
suo posto. Egli giocò un ruolo fondamentale nella riorganizzazione e nel
consolidamento dell'ordine, che lasciò in successione, nel 1320, al
fratello Semseddin Emir Alim, 32 Celebi della famiglia di Mevlana divennero,
in seguito, capi spirituali dell'ordine Canti mistici Mevlana ha lasciato in eredità ai posteri 5 fondamentali opere letterarie di alto valore poetico, religioso e culturale. Il Mesnevi,
composto di 6 grossi volumi, raccoglie, in forma di racconti uniti, i pensieri
mistici di Mevlana. Intitolato così perchè scritto in
persiano con metrica classica della poesia cortigiana turca, esso è
costituito da 25.168 poemi in forma distica. L'amore fervente, l'esplorazione
dell'universo interiore, lo spirito raffinato e limpido trovano la loro
massima espressione in quest'opera scritta in uno stile agevole e gradevole.
In essa Mevlana, nella veste di guida spirituale, rivela e mostra all'uomo la
via divina che porta alla verità. Dopo la stesura definitiva il Mesnevi fu
apprezzato ed ebbe larga diffusione a livello popolare. Numerosi erano gli
insegnanti (mesnevihan) che lo leggevano e commentavano nelle scuole
religiose. L'opera fu anche pubblicata e tradotta in diversi paesi orientali,
oltre che in varie lingue europee. Uno Spirito d'amore Mevlana non fu mai un filosofo in senso stretto, ma semplicemente un grande mistico e un poeta erudito. Per lui la filosofia era un sistema debole ed incompleto, in quanto basato esclusivamente sulla speculazione razionale. Egli scrisse che La ragione è incapace di esprimere l'amore. La verità dell'amore e dello stato amoroso non può essere rivelata ed espressa che solo dall'amore stesso Nella sua concezione artistica la poesia era uno strumento d'insegnamento. Un concetto espresso in versi, secondo la sua opinione, si incideva meglio nella memoria del lettore, rendendo più facile e piacevole la lettura. Non gradiva il ritmo e la rima, in quanto imponevano restrizioni alle idee da trasmettere: Mentre penso alla rima mia amata mi dice: non pensare a nient'altro che alla mia faccia ... Oh te, pensatore di rime, accanto a me tu sei la rima di prosperità. Siediti tranquillo di rimpetto. Vicino a me la rima essenziale sei tu. Cosa c'è in una lettera che tanto ti fa pensare ? Cos'è una lettera ? Null'altro che un recinto che cinge una vite. Annulla dunque la lettera, il suono e la parola ... e lasciami parlarti senza questi tre pensieri I temi e le visioni mistiche dominano la sua opera. Egli era un puro pensatore mistico, la cui visione spirituale abbracciava l'uomo e la vita nella sua totalità, in quanto alimentata da un carattere di tolleranza illimitata il cui scopo era il raggiungimento della pienezza d'amore: Il
cammino dei nostri profeti è il cammino dell'amore L'amore che egli intendeva era l'amore divino che si manifestava nell'uomo capace di raggiungere la perfezione spirituale. Questo amore si tramutava nella fonte dell'estasi che gli consentiva di realizzare l'Unione suprema con Dio. Così egli riassunse la sua vita amorosa ed estatica, trascorsa nel crogiolo di un'Amore sublime Ero crudo, mi sono maturato ed arso Mevlana nutriva la poesia d'amore, esprimendo i suoi sentimenti attraverso la musica e la danza. Poesia, musica e danza rappresentavano degli elementi indispensabili per il raggiungimento della perfezione dell'anima: la poesia rivelava, la musica nutriva, la danza esprimeva la manifestazione dell'estasi divina. In tal modo lo spirito si purificava e prendeva il volo verso un mondo di comunione universale. Saturo d'amore spirituale, Mevlana fu un pensatore profondo che illuminò il suo tempo. In un epoca in cui le guerre continue creavano ansia, inquietudine e conflitti violenti tra opposte fazioni egli esercitò un'influenza positiva sulla gente e, aprendole gli occhi ad un mondo spirituale nuovo, pose le condizioni per procurarle una pace interiore. Egli amava l'uomo ed il genere umano, trovando in esso la perfezione dell'essere assoluto. Rifiutò sempre di prendere al suo servizio uno schiavo od un servo e, per il gran rispetto che aveva verso la donna, si oppose alla poligamia. Sempre in cerca della verità, della bontà e della bellezza associò nello stesso amore gente di fede diversa. All'ingresso del mausoleo in cui riposano le sue spoglie sta infatti scritto Vieni,
vieni chiunque
tu sia La forza dei suoi insegnamenti durò per molto tempo, poichè milioni di persone trovarono conforto e serenità nelle sue sagge parole. Le sue idee, la poesia, la musica e la danza consolarono i cuori aridi suggerendo loro desideri di pace e ideali di libertà, fiducia, carità, amicizia e fratellanza. Perchè, come disse il poeta e filosofo pakistano Muhammed Ikbal Egli
è la guida dell'amore
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