Cadaveri viventi

Nel 1732, un medico dell'esercito austriaco, Johannes Flückinger, si recò a Medvegia, un paese dell'ex-Jugoslavia, per investigare su alcuni omicidi misteriosi, Gli abitanti gli parlarono di un certo Arnod Paole, che asseriva di essere perseguitato da un vampiro e di essersi sporcato con il suo sangue. Quando Paole morì e fu sepolto, la gente cominciò a lamentarsi di essere tormentata da lui e vi furono quattro morti. Quaranta giorni dopo la sua morte la salma fu riesumata e si riscontro che sangue fresco fluiva dagli occhi, dal naso, dalla bocca e dalle orecchie. La pelle e le unghie erano cadute, ma stavano ricrescendo. Flückinger riferì che

"gli abitanti del villaggio gli piantarono un paletto nel cuore, al che il morto emise un gemito e sanguinò copiosamente"

Dopo aver bruciato la salma, la gente si occupò dei quattro assassinati i quali, essendo stati uccisi da un vampiro, erano diventati essi stessi vampiri e, quindi, subirono lo stesso trattamento. Aperte le tombe di 17 persone morte negli ultimi tre mesi, il medico constatò che le loro salme erano nelle stesse condizioni di quella di Paole ...

Secondo il folklore il vampiro è un "cadavere vivente" (morto vivente) che esce di notte dalla sua tomba per succhiare il sangue dei vivi allo scopo di nutrirsi e rianimarsi. La tradizione dei vampiri è molto antica ed appartiene alla cultura dell'Europa centrale ed orientale, in particolare ex Jugoslavia e Ungheria (il termine "vampiro", infatti, deriva dal vocabolo serbo vampir). La credenza che i vampiri provocassero epidemie risale al XII° secolo. Per tenerli lontani la gente faceva ricorso all'aglio, ritenendo che il suo odore disperdesse quello dei cadaveri e impedisse la diffusione di malattie. Per sopprimerli si poteva ricorrere a vari metodi: seppellirli in un crocevia, conficcare loro un paletto nel cuore, decapitarli o bruciarli. Come altre creature malefiche si credeva che fosse possibile ucciderli con una pallottola d'argento o allontanarli con un crocifisso. Peccatori, suicidi, stregoni, alcolisti, bambini nati con i denti, le persone assassinate e rimaste non vendicate, i cadaveri che non avevano avuto sepoltura cristiana erano ottimi candidati a diventare vampiri.

In Romania, per tradizione, non esiste una forte credenza nel vampirismo e nei vampiri (qui denominati nosferatu, che significa "non morto"). Ciò nonostante sembra che sia stata effettivamente diffusa la pratica di trafiggere i cadaveri con un piolo per impedire ai loro fantasmi di camminare. Una delle credenze più radicate in Romania riguarda le ragazze o i ragazzi nati con la "coda" e condannati, per questo, a diventare fantasmi, streghe o vampiri. Si tratta in realtà di un fenomeno niente affatto insolito: le cosiddette "code" sono semplici estensioni del coccige che, normalmente, è formato da quattro vertebre ma, talvolta, può comprendere un numero di vertebre maggiore, causando una protusione.

L'idea del vampiro come essere umano che si tramuta in pipistrello è una tradizione abbastanza recente. Essa passa attraverso l'identificazione del pipistrello con il diavolo dell'iconografia cristiana, solitamente raffigurato con le ali di questo animale notturno. Ecco perché, durante il Medioevo, tali creature venivano affrontate con strumenti e simboli religiosi, primo fra tutti il crocifisso. Ed ecco perché alla figura del vampiro si interessarono illustri Padri della Chiesa, come S. Agostino e S. Clemente. Nel XVIII° sec. il domenicano Agostino Calmet scrisse addirittura un dotto trattato sull'argomento. Ma a sancire l'equivalenza vampiro = uomo-pipistrello contribuì la conquista, da parte degli Spagnoli, dell'America Centrale, dove i "conquistadores", che non avevano mai visto pipistrelli che succhiano sangue, fecero la conoscenza del desmodus rotundus, battezzato da Fernando Cortés con il nome di "pipistrello vampiro".

Il figlio del Diavolo

Nelle leggende che riguardano i vampiri non manca l'elemento erotico. Nelle regioni balcaniche si racconta di vampiri che escono dalle tombe e impongono le loro attenzioni ai precedenti coniugi terrorizzati, mentre, se non sono stati sposati, fanno visita a giovani innocenti dell'altro sesso. Alla fine del XVIII° secolo questo elemento erotico introdusse i vampiri nei romanzi gotici e nelle poesie degli scrittori romantici i quali, per adattarli meglio al ruolo, li fecero salire sulla scala sociale trasformandoli da contadini ad aristocratici.

Il personaggio di Dracula nasce nel 1897 dalla penna dello scrittore Bram Stoker il quale, ispirandosi al romanzo , uscito nel 1847, dal titolo Varney the Vampire or The Feast of Blood ("Varney il vampiro o la Festa di sangue"), inizia a scrivere la storia di un leggendario e nobile eroe-vampiro. Il racconto di Stoker narra la storia di un giovane avvocato che nella cappella fatiscente di un castello misterioso trova cinquanta grosse bare piene di terra di cimitero, in una delle quali giace il conte-vampiro Dracula, che si nutre di sangue. L'emaciato conte-vampiro, protagonista del romanzo, frutto della fusione di elementi folkloristici, storici e fantastici, fu ispirato a Stoker dalla reale vicenda storica di Vlad Tepes (1431-1476), principe di Valacchia (regione dell'odierna Romania), il quale, durante i sei anni del suo Regno (1456-1462) si guadagnò il soprannome di "Impalatore" (in ungherese tzepes) per aver impalato, a quanto pare, decine di migliaia di persone. Vlad esercitò il suo potere con ossessiva violenza, soprattutto nei confronti dei Turchi. Egli, infatti, si distinse per essere stato uno dei principali ed estremi baluardi della cristianità contro l'espansionismo dell'Impero Ottomano in Europa orientale. Tra le sue vittime, quindi, molti furono i prigionieri delle sue guerre contro i Turchi. Ma furono proprio i Turchi, così ferocemente da lui odiati, che lo costrinsero a rifugiarsi in Transilvania, dove fu ucciso nel 1476. Egli passò alla storia con il nome di Dracul, il "drago", o Dracula, il "figlio del drago", in quanto sia lui che suo padre militavano nell'Ordine cavalleresco del Drago. Tuttavia era noto anche con il soprannome di Draculaea, che in rumeno significa "figlio del Diavolo" . Si narra, infatti, che per terrorizzare i nemici invasori disseminasse i campi di battaglia con i corpi impalati dei prigionieri catturati. Era famoso per la sua crudeltà e, per questo, si conquistò assai presto la fama di principe sanguinario. Un curioso aneddoto racconta che nel corso dei festeggiamenti per una vittoria riportata sui Turchi Vlad, che cenava con alcuni ospiti in prossimità del luogo in cui le sue vittime impalate agonizzavano, udì uno dei commensali lamentarsi per le grida e l'odore. Il principe diede allora disposizioni affinchè l'uomo venisse impalato su un palo più alto rispetto agli altri, al di sopra di quegli odori che inopportunamente aveva dimostrato di non gradire ... Una stampa del XV° secolo, che lo raffigurava seduto ad una tavola imbandita con degli ospiti impalati, diede origine alla leggenda secondo cui aveva preso l'abitudine di bere il sangue delle sue vittime (da cui la commistione con le tradizioni del folklore riguardanti i vampiri) e che l'odore del sangue lo accompagnava costantemente. Sicuramente B. Stoker era venuto a conoscenza delle notizie raccapriccianti sulla vita di "Vlad l'impalatore" compiendo delle ricerche presso la Biblioteca del British Museum. Di conseguenza egli aveva ambientato la sua storia in un castello sui Carpazi, in Transilvania, ex provincia dell'Ungheria e tuttora prevalentemente abitata da popolazione di origine ungherese. Alla creazione del mito di Dracula contribuì però anche una donna, la contessa ungherese Erszbeth Bathory, discendente del principe Vlad. Essa fu processata nel 1611 per l'assassinio di 650 giovani donne vergini, sequestrate e torturate nel suo castello. Sembra che la contessa usasse il sangue per fini cosmetici (beveva il sangue caldo delle vittime e faceva il bagno in esso per preservare la sua bellezza) e praticasse varie forme di sadismo sulle sue vittime. Il personaggio letterario del "conte Dracula", descritto da Stoker, trae quindi origine sia dalla figura storica del principe della Valacchia, sia dai misfatti attribuiti alla sua discendente.

I volti del vampiro

Il cinema e la fiction si sono subito impossessati delle leggende e della figura mitica del vampiro. Il primo Dracula ad apparire sul grande schermo fu il misterioso attore Max Shreck, interprete di Nosferatu (di F.W. Murnau, 1922). Ma il primo a rendere popolare la sua figura fu l'attore ungherese Bela Lugosi, nel film Dracula (di T. Browning, 1931). Interprete del conte in molte altre pellicole, Lugosi concluse la sua carriera credendosi un vampiro egli stesso e dormendo in una bara. Tra le altre versioni di successo vanno ricordate Dracula il vampiro (di T. Fisher, 1958), interpretato dall'attore Christopher Lee, Nosferatu (di W. Herzog, 1979) con Klaus Kinsky, Dracula (di J. Badham, 1979) con Frank Langella, Dracula di Bram Stoker (di F.F. Coppola, 1992) con Gary Oldman e Wynona Rider e, infine, Intervista col vampiro (di N. Jordan, 1994), in cui vengono descritti moderni vampiri, eleganti e raffinati, incarnati dagli attori Brad Pitt, Tom Cruise, Antonio Banderas.

La belva umana

Esistono altri casi in cui è stata constatata la credenza nella metamorfosi, ovvero nella trasformazione degli uomini in animali. Le leggende su strane bestie semiumane e pelose, di uomini con la coda o con le corna ancora oggi circolano in Romania, avendo avuto origine molti secoli fa nelle impenetrabili vallate e nei boschi della Transilvania. Il Dr. Corneliu Barbulescu, dell'Istituto per la ricerca etnologica, ebbe modo di intervistare un vecchio, un certo Toma Neghina, che affermava di conoscere alcuni che di notte diventavano dei lupi. Un altro raccontò che un suo amico lo implorò di legarlo alle ruote di un carro per impedirgli, durante la notte, ri raggiungere i lupi che ululavano nella foresta. Una vecchia raccontò che in gioventù due sue amiche avevano visto una ragazza denudarsi e correre verso la foresta per trasformarsi in lupa. Le due donne non avevano raccolto i vestiti perchè altrimenti la donna non avrebbe potuto riprendere le sembianze umane. Un'altra storia riguardava una donna che era stata morsa da un lupo che le aveva strappato un lembo della gonna; al ritorno a casa era stata accolta dal marito che aveva un pezzo di stoffa tra i denti ...

Nelle società primitive la capacità di assumere temporaneamente la forma di un animale era uno dei cardini del potere degli sciamani. In Sudamerica, per esempio, lo stregone poteva mutarsi in giaguaro, in Africa in leopardo o coccodrillo, in India in tigre. In Europa, in particolare, sembra che la credenza che alcune persone possano trasformarsi in lupi mannari o licantropi (dal greco lykánthropos, composto di lýkos,"lupo", e ánthropos,"uomo", ossia "uomo-lupo") sia universalmente diffusa. I lupi, infatti, erano collegati per tradizione al regno dei morti e si pensava che i licantropi fossero particolarmente attivi nel corso delle dodici notti successive al Natale, quando si diceva che i morti errassero sulla terra.

Gilles Garnier era un solitario che, si diceva, uccidesse e divorasse i bambini che si allontanavano da casa. Chi lo vide commettere queste atrocità riferì che talvolta assumeva le sembianze di un lupo e lo stesso Garnier, una volta catturato, confessò questa sua caratteristica nel compiere i delitti. Accusato di licantropia e stregoneria fu arso vivo a Dôle, in Francia, nel gennaio del 1573. Un lupo mannaro famoso fu Peter Stubbe, un tedesco di Colonia, che venne accusato di aver ucciso e divorato 13 bambini e due donne incinte. L'uomo si vantava di aver ricevuto dal diavolo una cintura magica, della quale si serviva per assumere l'apparenza di un lupo. Egli venne dilaniato sulla ruota della tortura, decapitato ed arso vivo il 28 ottobre 1589. Durante la caccia alle streghe dei secoli XVI° e XVII° si diceva che le streghe e stregoni si recassero al Sabba cavalcando lupi e che talvolta si trasformassero essi stessi in lupi. Se uno di questi veniva ferito, ritornato umano conservava la ferita. In un episodio avvenuto in Alvernia, in Francia, nel 1588, si racconta di un cacciatore che aveva tagliato una zampa ad un lupo e l'aveva riposta nella bisaccia. Successivamente, nel mostrarla ad un nobile del posto, vide con stupore che si era trasformata in una mano con un anello d'oro. Il nobile, inorridito, riconobbe l'anello e corse in cucina, dove trovò la moglie intenta a curarsi il braccio mutilato. La donna fu bruciata sul rogo come strega. Spesso, nei testi medievali, i lupi mannari sono raffigurati come vittime innocenti del destino, se non addirittura come personaggi benefici, in quanto protettori della fertilità dei raccolti. Solo verso la metà del '400 si sostituì a questo lo stereotipo feroce del lupo mannaro divoratore di infanti, Nel 1692 a Jurgensburg, in Livonia (ex provincia russa), un contadino ottantenne di nome Thiess confessò ai giudici che, tre volte l'anno, si trasformava in lupo mannaro, essendo predestinato, fin dalla nascita, a mutarsi in un animale e a combattere per il suo popolo. Ciò accadeva nelle notti di S. Lucia, S. Giovanni e Pentecoste, quando lui, insieme agli altri lupi mannari di Livonia, si recava, armato di una frusta di ferro, a combattere contro diavoli e stregoni in difesa del raccolto dell'anno. La posta delle battaglie notturne era la fertilità dei campi: gli stregoni rubavano i germogli del grano, e se non si riusciva a strapparglieli sarebbe sopraggiunta la carestia. Inutilmente i giudici cercarono di indurre il vecchio ad ammettere di aver stretto un patto con il diavolo. Poichè rifiutava di pentirsi fu condannato a dieci colpi di frusta. Evidentemente Thiess perpetuava un'antica tradizione di battaglie per la fertilità che si credeva fossero combattute da individui particolari trasformatisi in animali.

Cacciatori di streghe

Tradizioni simili si possono ritrovare anche nel territorio italiano. Le lotte notturne contro streghe e stregoni descritte da Thiess possono essere tranquillamente accostate a quelle combattute in estasi dai benandanti. Con questo termine venivano designati in Friuli, tra il 1500 e il 1600, coloro (soprattutto donne) che affermavano di assistere periodicamente alle processioni dei morti. Nello stesso modo venivano chiamati anche altri (in prevalenza uomini) che dichiaravano di combattere periodicamente, armati di mazze di finocchio, per la fertilità dei campi, contro streghe e stregoni armati di canne di sorgo. Durante le tempora ( i quattro tempi corrispondenti all'Avvento, alla Quaresima, alla Pentecoste, alla terza settimana di settembre) lo spirito dei benandanti lasciava per qualche tempo il corpo esanime, talvolta in forma di topo, farfalla o mosca, talvolta in groppa a lepri, gatti o cavalli, per dirigersi in estasi verso le processioni dei morti o verso le battaglie contro streghe, stregoni e vampiri. Questi esseri, nemici della fertilità, erano assimilati ai malandanti, cioè alle anime vagabonde dei morti senza quiete. In caso di vittoria il raccolto dell'anno sarebbe stato buono, altrimenti ci sarebbe stata carestia. I benandanti erano scelti tra i cosiddetti "nati con la camicia", ossia tra coloro che nascevano ancora avvolti nella membrana amniotica, soprattutto nella parte superiore del corpo. La "camicia" era considerata una specie di ponte che l'anima poteva utilizzare per passare dal mondo reale a quello degli spiriti. Questi individui fortunati sarebbero stati chiamati, da adulti, a combattere. Nel mondo slavo si credeva che chi nasceva con la "camicia" sarebbe stato destinato a diventare lupo mannaro, stregone o vampiro. Una cronaca racconta che un mago pregò la madre del principe Vseslav, re di Kiev nel X° secolo, di legare addosso al bambino la membrana entro cui era avvolto alla nascita, in modo che potesse averla sempre su di sè. Per questo, commenta il cronista, egli fu così spietato e sanguinario. Amche i benandanti friulani portavano attorno al collo, per volontà delle madri, la camicia entro cui erano nati. Ma nel loro futuro di contadini c'era semplicemente l'impulso a combattere "in spirito" per i raccolti, sotto forma di animali o in groppa ad essi ...

Mostri alchemici

Oltre alle leggende su metamorfosi e mutazioni di esseri umani in perverse entità animali la Storia ci tramanda anche tradizioni riguardanti la possibilità della generazione e riproduzione artificiale di mostruose creature viventi a partire dalla materia inanimata.

Nel 1818 la scrittrice inglese Mary W. Shelley, moglie del poeta P.B. Shelley, pubblicò il romanzo Frankenstein or the Modern Prometheus ("Frankenstein o il moderno Prometeo") in cui il dr. Frankenstein, appreso il segreto di dar vita alla materia inerte, crea un essere vivente, dotato di forza soprannaturale, cucendo insieme dei pezzi di cadaveri rianimati attraverso l'uso dell'elettricità. Il mostro, inizialmente di indole mite, viene in seguito respinto dalla società per il suo aspetto rivoltante, divenendo, per reazione, violento verso il suo creatore. Dopo avergli sterminato la famiglia egli inizia a vagare, senza la guida di un padrone, in preda ad un irresistibile furia omicida La caccia che il dr. Frankenstein intraprende per sopprimerlo si concluderà nell'Artide, con la morte dello scienziato e l'autoimmolazione della sua creatura.

Si tratta, ovviamente, di finzione letteraria. Tuttavia M. Shelley, con il suo romanzo, non fece altro che riscoprire e riproporre, in chiave moderna, ciò che nella tradizione ebraica, per molti secoli, è stato il mito del Golem.

Il Gigante d'argilla

La figura mitica del Golem emerge, nell'immaginario ebraico, come un tema classico, ponendosi come punto d'incontro tra magia e misticismo. Nella tradizione folklorica ebraica il Golem ("involucro di materia informe che racchiude in se stesso le proprie forme", dalla radice ebraica galam, che significa "piegare", "avvolgere") è un umanoide artificiale che fa da servo al suo creatore, mostrando di possedere poteri straordinari, talvolta pericolosi e malefici.

La leggenda dell'uomo artificiale è molto antica: riprodurre l'atto della creazione equivale a sfidare Dio. Così l'idea di una creatura artificiale inventata dall'uomo che successivamente sfugge al suo controllo è parte integrante della letteratura mondiale. Il Golem è la traduzione ebraica di questo tema universale. Gli ebrei, creando il Golem, cercarono di inventare una creatura che li difendesse anche quando Dio sembrava lontano. La sfida della creazione fu per gli ebrei soprattutto un'esigenza: occorreva che qualcuno li proteggesse dalle persecuzioni che si abbattevano su di loro nel corso dei secoli. L'uomo artificiale, quindi, doveva essere non un distruttore ma un garante della libertà. Ma dove si nascondeva il segreto per avere il potere di crearlo ?

Secondo le Scritture "fu creato con le parole". Le lettere dell'alfabeto svolsero, infatti, un ruolo centrale nella generazione del Golem. Si diceva che le lettere dell'alfabeto ebraico fossero nate dalle forme sinuose della danza del fuoco: la scrittura esprimeva magia, l'alfabeto poteva divenire strumento per controllare la realtà ed intervenire su di essa. Le parole e le combinazioni segrete delle lettere erano, dunque, la chiave dell'idea stessa della creazione:

E Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza" e creò Adamo, modellando una massa senza forma, fatta di terra e di acqua ...

Ma poteva l'uomo servirsi delle parole per creare a sua volta ?

Secondo la tradizione tutto cominciò con Abramo che partì in cerca della Terra promessa. Mentre era in viaggio iniziò a meditare su come creare un Golem, ma non riuscì a risolvere il suo enigma fino a quando una voce divina lo chiamò e gli disse: "Stai cercando di diventare pari a me ? Tu da solo non puoi capire, prendi dunque i tuoi compagni e insieme meditate ...". Allora Abramo si recò da Sem, figlio di Noè, e insieme studiarono e capirono. Una tradizione ebraica considera Abramo come l'autore di un testo che contiene formule magiche per la creazione del Golem. Esso fu tramandato ad Isacco e Giacobbe, e poi di generazione in generazione fino ai giorni nostri. In realtà questo libro fu compilato all'inizio del Medioevo, tra il III ed il VI sec. d.C. I sapienti del tempo erano maestri nella conoscenza delle magiche combinazioni di lettere e numeri, un mondo nel quale l'umanità poteva cercare di emulare le azioni divine. Da quel mondo sarebbe nata la filosofia mistico-esoterica ebraica, che vide nella qabbalah la sua maggiore espressione. Alcuni suoi fautori abbracciarono l'idea concreta della creazione di un uomo artificiale. L'audacia di quell'operazione, tuttavia, imponeva di creare un essere che non fosse in grado di parlare e che non potesse essere pari al suo creatore. Intorno all'anno Mille in Spagna, dove la dottrina della qabbalah comincia ad essere codificata, prenderà corpo la tradizione del Golem. Già nel secolo XI° circolavano in Italia alcune leggende, conservate nella Megillat yuhasin (Rotolo delle genealogie), nelle quali, grazie all'uso delle lettere dell'alfabeto ebraico e del "Nome ineffabile di Dio" (che solo pochi maestri, chiamati Baal Shem, ovvero "maestri del nome", conoscevano) era possibile creare artificialmente la vita e resuscitare i morti. Ciò avveniva ponendo dentro la bocca o sul petto del defunto una pergamena contenente uno dei misteriosi "nomi di Dio", mentre estraendola lo si restituiva immediatamente alla morte.

All'epoca delle Crociate, quando iniziarono in Europa delle intense persecuzioni contro gli ebrei, qualcuno pensò a dar vita concretamente ad un Golem, supremo difensore degli oppressi. I rituali per plasmarlo dovevano essere mantenuti nella massima segretezza perché la creatura, una volta animata, avrebbe risposto ciecamente soltanto agli ordini del suo creatore che, dandogli la vita, diventava il suo padrone, a tutti gli effetti. Le complicate e segrete formule per crearlo, inoltre, dovevano essere eseguite senza il minimo errore, pena una morte misteriosa.

Il Rabbino Eleazar di Worms scrisse, nel commento al Sefer yesirah (Libro della Creazione, che insegna la combinazione magica delle lettere del "Nome di Dio"), in che modo gli uomini pii potessero dedicarsi a una simile impresa:

"Essi dovranno purificarsi indossando vesti bianche. Non è opportuno che lo faccia da solo ma è necessario che siano in due o tre ... dovrà prendere terra vergine da un luogo montagnoso ove nessuno abbia scavato; mescolerà la polvere con acqua corrente e farà un golem . Comincerà poi a ruotare gli alfabeti delle duecento porte ..."

Quindi, una volta recitate le combinazioni segrete dell'alfabeto (sembra che il rito comprendesse la recita delle 231 combinazioni delle lettere ebraiche due a due, chiamate "il cerchio delle 231 porte"), il maestro doveva imprimere sulla fronte del Golem l'ultimo verso dello Shemà "Il Signore Iddio è Verità", tracciando la parola Emet ("verità"), che si scrive con una alef iniziale. Togliendo o cancellando in seguito questa magica lettera la parola si sarebbe trasformata in Met ("Morte") e la frase sarebbe divenuta "Il Signore Iddio è Morte". Il Golem, in tal modo, si sarebbe disintegrato immediatamente, tornando inerte.

La ricerca della creazione di quest'essere artificiale diede luogo una lunga serie di esperimenti alchemici ed esoterici. Durante il Medioevo il poeta e mistico spagnolo Ghebirol progettò un Golem femmina. Agli inquisitori cristiani che lo arrestarono per stregoneria fece vedere che esso era un robot di legno con cerniere. Si narra che in Polonia il Rabbino Eliezer di Chelm, Maestro askenazita, cercò di generare un essere vivente dall'argilla, ma il Golem crebbe a tal punto da non poter più essere controllato. Allora il Rabbino gli chiese di allacciargli le scarpe per togliere il Nome sacro dalla fronte della creatura la quale, rimasta senza vita, gli crollò addosso schiacciandolo.

L'accusa rivolta agli ebrei di essere responsabili di delitti efferati fu alla base della leggenda della creazione del Golem, ai primi del 1600, da parte del Rabbino di Praga Jehudah Liwa ben Bezalel, conosciuto come il Gran Maestro Loew, per la sua alta statura. Il suo fu l'unico tentativo che sembrò riuscire. Un tempo Praga era il grande centro dell'ebraismo europeo, che si concentrava attorno ad una delle più antiche Sinagoghe europee: l'Altneuschul, prestigiosa costruzione medievale che per oltre 700 anni rappresentò il nucleo della comunità ebraica di Praga. La vicenda si colloca nel periodo delle persecuzioni antiebraiche a Praga, durante il regno dell'imperatore Rodolfo di Asburgo. Il rabbino Loew, capo spirituale della comunità ebraica del ghetto, preoccupato per l'editto dell'imperatore che imponeva l'allontanamento di tutti gli ebrei da Praga decise di dare vita a un gigante di argilla, al fine di difendere la sua comunità. Rabbi Loew si diede alla febbrile ricerca della formula misteriosa e, una volta trovatala, non esitò a foggiare e ad animare il Golem, con l'argilla raccolta sulle rive del fiume, secondo il rituale arcano. Il Golem lavorava per il suo padrone ogni qual volta gli venivano impartiti degli ordini ma finiva anche con il diffondere il terrore tra la popolazione. La creatura, infatti, spesso si ribellava e non distingueva più gli amici dai nemici: il difensore del ghetto diveniva, così, un pericolo anche per i suoi protetti. In una delle tante storie legate a questo evento si racconta di come Rabbi Loew utilizzasse questo gigantesco Golem, dotato di una forza mostruosa, per lavorare nei campi. Temendo di profanare il sabato, giorno sacro dedicato al riposo e alla meditazione, aveva ben cura di "disattivare" ogni venerdi sera il Golem. Un venerdì sera, però, Rabbi Loew, distratto da altri problemi, dimenticò di "bloccare" la sua creatura. Accortosi dell'accaduto, e non trovando la gigantesca creatura in casa, corse per strada alla ricerca del Golem riuscendo a raggiungerlo nei pressi della Sinagoga. Sebbene affannato per la lunga corsa, il maestro, con un movimento lesto, riuscì a fermare il gigante d'argilla che in un baleno cadde a terra in mille pezzi.

Una cronaca racconta che un giorno il Rabbino chiese udienza all'imperatore e una volta ottenutala si recò a corte per chiedere l'annullamento dell'editto persecutorio. Rodolfo d'Asburgo, a cui avevano molto parlato delle conoscenze iniziatiche del maestro Loew, gli chiese una dimostrazione di tali poteri. Indescrivibile furono lo stupore e il timoroso silenzio da cui furono presi i cortigiani, Ad un certo punto, però, qualcuno cominciò a ridere contagiando tutti, imperatore compreso. In tutto il salone del castello, ben presto, echeggiarono sonore risate e commenti irriguardosi. All'improvviso sinistri scricchiolii e un fragore di vetri infranti accompagnarono il distacco dei decori dalle pareti generando terrore e scompiglio: tutto sembrava fosse in procinto di crollare. L'imperatore, terrorizzato da quanto stava accadendo, supplicò il rabbino Loew di perdonare l'irriverenza promettendo la revoca del provvedimento. Il Golem, allora, dopo aver ricevuto un comando dal Rabbi, sorresse la trave centrale che reggeva la volta del salone, consentendo a tutti di salvarsi. Da quel momento in poi, però, Loew non riuscì più a controllare la gigantesca creatura che, quasi impazzita, respingendo tutti, incominciò a girovagare per Praga, seminando panico e travolgendo, con la sua mole, ogni cosa. A un certo punto il Golem s'imbatté in un bambino, per nulla spaventato di quanto stava accadendo, e afferratolo con le sue possenti mani, lo sollevò per guardarlo meglio. Non si accorse, però, che il luccichìo sul suo petto aveva attratto l'interesse del bambino. La mano del bimbo, allora, si tese verso l'amuleto e lesta, in un attimo, lo strappò dal petto del Golem, determinando la sua conseguente caduta al suolo, tra un ammasso di pezzi informi di argilla. In un'altra occasione, durante la celebrazione dello Shabat, mentre nella Sinagoga di Praga era già stato cantato il "Salmo per il giorno del Sabato" il Golem cominciò a crescere di statura e a distruggere tutto. Il Rabbino, prontamente, gli cancellò dalla fronte la lettera Alef, bloccandolo. Secondo la leggenda da allora il Maestro decise di non darle mai più la vita. Il Golem venne portato nell'antica soffitta della Sinagoga di Praga, dove i suoi resti giacciono ancora. Solo un uomo decise di tornare più tardi in quel luogo, un altro Rabbino. Al suo ritorno ordinò che agli ebrei delle future generazioni non fosse mai più concesso di salire lassù.

E nessuno da allora vi è mai più salito ...

 

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